la mia città

Trapani vista da Erice
Torre di Ligny









                      La città di Trapani è una penisola diretta verso ovest è bagnata da due mari,  a nord il tirreno e a sud il mediterraneo. Ha la forma di una falce alla cui punta estrema c'è l'antica Torre di Ligny. 
La posizione è perfetta per assistere a magnifici tramonti.
Il sole tramonta tra le Isole Egadi 
La possiamo ideamente dividere in due parti, quella più antica che va dalla torre di Ligny con il più antico nucleo abitativo, fino alla via spalti (via degli spalti) che coincide con l'ultima, in ordine di tempo, cinta muraria risalente al perido spagnolo; la parte nuova va dalla via spalti verso Erice lungo la direttrice di via Fardella, fino alla zona pedemontana e, alla fine, si allarga a i due lati del momte. Le due parti si distinguno anche topografcamente, la più antica caratterizzata da un reticolo di vie di concezione araba in parte rovinato da moderne incursioni urbanistiche, la seconda a pianta squadrata con le vie che si intersecano ad angolo retto senza una particolare personalità.

Il centro storico è molto interessante, specialmente lungo le vie principali dove si affacciano tanti palazzi nobiliari costruiti in epoche diverse  mentre nelle stradine più piccole resistono ancora tracce di edifici più antichi.
























Purtroppo durante la seconda guerra mondiale la città antica, che si sviluppa nel lato sud lungo il porto, ha subito molte distruzioni in seguito a bombardamenti che miravano a distruggere la base dei sommergibili e le riserve di carburante della marina e dell'aviazione. La porta oscura si trova a fianco del palazzo Cavarretta e  mette in
Palazzo Cavarretta, oggi proprietà del comune 
Venere, sulla fontana in ghisa in piazza mercato del pesce
comunicazione la via Torrearsa con la piazzetta Notai, in questa piazzetta c' è ancora un artigiano che produce caramelle, ultimo erede trapanese dell'antica arte Siciliana di produzione delle caramelle, le caramelle carrubba e i bomboloni di diversi gusti : anice, cannella, menta, fragola.
Nel video la produzione dei bomboloni con lo zucchero fuso aromatizzato alla fragola e filato a mano.


Da piazzetta Notai si diramano alcune stradine tra cui le più notevoli, via degli Argentieri e via della Cuba. La via Torrearsa corre dritta come un fuso per tutta la larghezza della città, che in quel punto è di circa quattrocento metri, dalla piazza mercato del pesce (mare di tramontana) fino al porto. La piazza mercato del pesce, delimitata a nord da un magnifico portico, viene utilizzata per ospitare manifestazioni ed esposizioni, al centro di essa  una bellissima fontana in ghisa sormontata dalla venere.

Piazza mercato del pesce : Festeggiamenti in Onore di Caravaggio 
Da palazzo Cavarretta, verso ovest, corre il Corso Vittorio Emanuele, per i trapanesi "a loggia",  su questa strada si affacciano molti palazzi nobiliari con bellissime facciate, la via è quella della passeggiata classica invernale, un salotto di incontri tra amici prima dell'ora di cena.


I luoghi della mia gioventù

La Via Funai, dove sono nato, si trova nel quartiere Porta Galli, il nome è una brutta italianizzazione del nome originario "porta addi"; l'errore nasce dal fatto che nel dialetto Sciciliano "addi" ha anche il significato di galli (polli). Questo nome "addi" invece si riferisce ad una situazione ecologica e topografica che non esiste più. Il fondo del porto, più esattamente il litorale compreso tra la fine dell'attuale via Mazzini e il cantiere navale Trapani (bacino di carenaggio), era caratterizzato da una laguna sabbiosa, una sabbia grigia quasi nera, abitat ideale per molluschi bivalvi: le vongole, in dialetto "accelle",  dal guscio grigio-nero rugoso e dei cinocardi in dialetto "addi".

addi
accelle
Una parte dell'area demaniale era di libero accesso per pescatori professionisti e dilettanti mentre, un'altra parte, era data in concessione per la coltivazione ci accelle e addi.  Da qui il nome del luogo "Porta Addi"
  
Via Funai, invece, prende il nome dai fabbricanti di corde che avevano in questa via la loro base di lavoro. Il metodo di produzione delle corde, per uso familiare e marittimo, aveva bisogno di potere utilizzare uno spazio in lunghezza di almeno cento metri senza creare intralcio ala circolazione dei mezzi e delle persone. La via Fumai, che per certi versi somiglia molto ad una strada senza uscita, si affaccia da un lato alla via G. Palmeri che corre di fronte ai cantieri navali, e dall'altro alla via Marinella. La sua posizione, al centro di due grandi direttrici di traffico la via Mazzini e la via Spalti, la rendeva un'isola senza traffico particolarmente adatta allo scopo.



Il lavoro dei fumai "i cannavari" si svolgeva interamente all'aperto, per prima cosa la canapa veniva cardata a mano allo scopo di allineare tutte le fibre, la matassa cardata veniva legata attorno alla vita "a cintu" e da questa si sfilavano i fili di canapa, a poco a poco, per formare un sottile filo di fibra ritorta su se stessa "u cumannu"; alcuni di questi fili venivano successivamente attorcigliati tra loro per formare una cordicella "u capu" e successivamente, in numero variabile, tanti capi venivano a formare la corda.

un "cannavaru" al lavoro

Mastru Roccu Orlando è stato l'ultimo "cannavaru" professionale da me conosciuto, lavorava nello spiazzale, di fronte alla via Funai, compreso tra la via G. Palmeri e la via Ammiraglio Staiti, il luogo adesso è occupato da una stazione di distribuzione di carburanti.
Negli anni cinquanta, nel mio quartiere, pochissimi bambini andavano a scuola, la maggior parte andavano a mestiere "o mastru"; a cinque anni già incominciavano a guadagnarsi da vivere, non è che portassero dei soldi a casa ma almeno si assicuravano un pasto al giorno a carico del datore di lavoro "u principali". Nel caso specifico dei cordari, i bambini più grandi giravano la ruota e quelli più piccoli facevano da contrappeso per tenere teso u cumannu, se il bambino era troppo leggero o non abbastanza forte veniva a sua volta legato a cinto con una corda fissata ad un peso, un masso o un "cantuni" (concio di tufo).

Anni '50 le vie del mio quartiere.
Tutti gli edifici che si affacciano nella via Funai, quattro blocchi, furono costruiti all'inizio del 1900. L'edificio tra le vie Trento e G.Palmeri fu costruito da uno zio di mio nonno Vincenzo, Stampa Mario sposato con Benivegna Ignazia proveniente da Erice, per questo era conosciuto come "u bagghiu d'a muntisa". Al piano terra di questo edificio angolo via G. Palmeri c'era una mescita di vino gestita da "u zu Pippinu Beninati, u tavirnaru" a mezzogiorno faceva da mangiare per i carrettieri e gli operai dei cantieri navali; vendeva anche bibite gassate della ditta trapanese ITAGA, aranciate, gazzose, chinotto e seltz "u sufuni". Nella porta a fianco c'era un negozio di alimentari "a putia" delle sorelle Stampa, cugine di mio nonno. L'incrocio tra le vie Funai e Trento fu colpito da bombe verso la fine della seconda guerra mondiale e rimase diruto fino ai primi anni sessanta tranne il tratto di fronte all'edificio delle zie Stampa dove fu ricostruito un grande salone, la casa del salinaio, che fino al 1961 era adibito a sala da ballo per matrimoni. Nella casa del salinaio tutti i giorni alle quattro del mattino si riunivano le squadre degli operai di salina per prendere gli ordini di lavoro della giornata e successivamente si avviavano a piedi verso le saline. Il resto degli edifici della via era adibito ad abitazioni civili, ad eccezione della "putia" di alimentari di Giuseppe Campo "u zu Piu".


Ad ovest della via Funai corre la via Spalti il cui attuale senso di marcia automobilistico va dalla Piazza Vittorio Emanuele alla via Ammiraglio Staiti. Procedendo in senso inverso alla direzione di marcia attuale troviamo a sinistra il bastione dell'impossibile, costruito durante il periodo spagnolo, parte superstite della cinta muraria della città da cui il nome della via, per cinquanta anni occultato da costruzioni che, a partire dal dopoguerra, ospitavano attività collegate con i cantieri navali, carpentieri, fabbri, officine meccaniche.

Un angolo del Bastione dell'impossibile 
Segue il dispensario, centro di controllo medico per gli ammalati di tubercolosi e poi un enorme edificio costruito sulle macerie di edifici distrutti durante la guerra fino alla via Marinella, oltre ancora abitazioni civili tutte munite di giardini interni. Alle spalle di questa lunga serie di edifici, nell'area adesso occupata dalla scuola media, dall'istituto magistrale e dal tribunale correvano le antiche mura cittadine oltre le quali c'era uno stadio utilizzato per gare di atletica leggera e dalle scuole per le lezioni di ginnastica; lo stadio confinava ad ovest con un muro altissimo collegato al bastione e formato da enormi blocchi perfettamente squadrati al di la del quale sorgeva l'antico Quartiere Spagnolo, un edificio enorme capace di ospitare quattromila cavalieri; il Quartiere Spagnolo si affacciava su una piazza "u chianu" che dava sulla via XXX Gennaio.
Tutte queste antiche opere di grande valore storico e culturale le ho viste distruggere inopinatamente, con grande dispiacere, nei primi anni sessanta per fare posto alle due scuole e al tribunale.
Questo, purtroppo non è stato l'unico scempio perpetrato in città.
Sul lato opposto della via Spalti una serie di edifici di civile abitazione al cui piano terreno si sono succeduti negli anni diverse attività artigianali e commerciali tra i più notevoli ricordo il marmista "u marmuraru", il cromatore "u palimmitanu", i due negozi di alimentari dei signori Damiano "putie" che erano insieme salumerie e rivendite di frutta e verdura, il panificio Lantillo ancora esistente, una merceria e nel lato opposto all'angolo con la via Osorio a putia di "u zu Peppi Amaro".

Ad est della via Funai corre la via Mazzini che, nel tratto fino alla piazza Umberto "piazza stazione", era sede di alcune attività. Nel primo blocco, a destra a partendo dalla via Ammiraglio Staiti ad angolo  c'era un meccanico navale "u zu Pippinu" Spanò di origine palermitana, nella parte attualmente adibita a garage, c'era un deposito di carbone cocke "u carvuni petra" gestito dal Sig. Rizza che riforniva i cantieri navali, i numerosi fabbri ed alcune famiglie più povere che non si potevano permettere il carbone di legna. Di fronte il Palazzo Moncada. Nel blocco successivo erano ospitate diverse attività artigianali, tra cui un falegname ebanista sig. Stinco, un venditore di bare "u tabbutaru" ed un'altro falegname Sig. Damiano anche proprietario di uno stabilimento balneare il "lido San Giuliano". Nell'edificio di fronte al piano terra c'era "a mastra" una specie di asilo infantile privato gestito da un'anziana signora vedova che raccoglieva tutti i bambini del quartiere in età pre scolare e un rivenditore di rottami di ferro Sig. Rodittis sommozzatore "u palummaru", più avanti ad angolo con la via Marinella c'era l'ambulatorio del Dott. Buccellato, medico  di famiglia, che operava anche come pronto soccorso per tutti gli operai dei cantieri e delle officine del quartiere.

Nella via Marinella ianche un pastificio "u pastaru" Polizzi.
Come si vendeva la pasta?
La pasta era divisa in tre categorie;
"a pasta curta": cavatuna, maccarruna, cavatunedda, attuppateddi;
"a pasta di broru": siminzedda, anelletti, stidduzzi, ;
"a pasta longa": spaghetti, bucatini, tagghiarini, lasagni, zitu.
Fondamentale la carta da avvolgere "a carta da pasta" una carta spessa di colre azzurro-violetto ( oggi si direbbe colore avio) in diversi formati.
Per la "pasta curta" c'era "u rotulu" (1Kg) u mezzu rotulu e u quartinu; per oni quantitatvo c'era un cilindro in legno, con manico, attorno al quale si avvolgeva il foglio di carta della misura adatta che veniva chiuso sul fondo, mediante pieghe adatte, formando il "cartasu".
Per la "pasta longa" c'era un piatto di bilancia più allungato, per facilitare la pesata senza rompare la pasta stessa, successivamente la "manata" di pasta veniva disposta diagonalmente sul foglio di carta e avvolta con un sistema di pieghe che assicurava la tenuta alla "cartata di pasta".

A proposito di carta comerciale c'erano tre tipi di carta;
la "carta oleata", impermeabile per avvolgere alimenti umidi o unti, per esempio sgombro sott'olio, salsina (concentrato di pomodoro), olive, formaggi, ecc.
la "carta pasta" di cui abbiamo detto,
la "carta pagghia" detta anche "carta sapuni"; una carta grezza, spessa, di colore giallo ocra, fatta con la paglia di cui si vedevano ancora i frammenti e che serviva quasi esclusivamente per avvolgere il sapone molle che si vendeva sfuso a peso; una carta adatta anche per fare "u cartasu" un cono per prodott pesanti, come patate, pomodori, frutta, ecc.

Nella via Marinella, nel tratto compreso tra la via Funai e la via Mazzini, viveva un famoso personaggio cittadino "Settimo" il fantino, grande conoscitore di cavalli che accudiva in una stalla attigua all'abitazione.
Erano i tempi, anni cinquanta, in cui la città aveva anche un ippodromo, fuori porta, nel luogo in cui adesso sorge il quartiere "rione delle palme".

Nel blocco successivo tra la via Marinella e la piazza Umberto, sempre sul lato destro dell'attuale senso di marcia, sorgeva un grande complesso di produzione del gas di città "a casa du assi" che riforniva tutta la città. Nel blocco di fronte alcune attività commerciali, la Scuola Media "Livio Bassi" (vecchia sede) e, ad angolo con via Osorio, un piccolo bar gestito da un personaggio conosciuto in città per la sua passione ciclistica "Cicciu u cafitteri".

Alle spalle dell'ex deposito di carbone, ancora più verso est, c'è l'attuale piazza Ciaccio Montalto, che fu, nel periodo di cui si parla, sede del mercato ortofrutticolo cittadino all'aperto, al di la della piazza c'erano le prime propaggini delle saline, magazzini ed un grande capannone adibito al commercio dei rottami metallici gestito dal sig. Castelli, ancora più a est la sede della GIL (Gioventù Italiana del Littorio), ancora esistente e adibita a scuola e, sullo stesso allineamento, le case popolari, le prime in assoluto costruite in città. Qui finiva il quartiere Porta Addi e iniziavano le saline.

Quartiere "Porta addi" da una cartolina degli anni cinquanta


1- ex casermetta per sommergibili, nel dopo guerra adibita a base navale dei vigili del fuoco, della guiardia di finanza e della polizia marittima; oggi demolita. 2- palazzo Cavasino, oggi demolito. 3- imbocco per la via XXX Gennaio. 4,5- bastione “impossibile” affiancato e coperto da costruzioni adibite ad officine per attività inerenti alla marineria. 6,7- quartiere spagnolo. 8- dispensario. 9,10- stadio per l’aletica leggera. 11- imbocco per la via spalti. 12- imbocco per la via funai. 13- imbocco per la via Mazzini. 14- via marinella. 15- via trento. 16- cantiere Emiliani. 17- cantiere Stampa Vincenzo (mio nonno). 18- cantiere Stampa Giuseppe (mio padre). 19- fabbrica di mattoni artistici in cemento, ditta Gandolfo. 20- scalo e deposito per i tufi provenienti da Favignana. 21- porticciolo per gli “schifazzi” barconi a vela adibiti al trasporto dei tufi da Fagnana. 22- magazzini di proprietà del comune adibiti ad opifici privati. 23- deposito del carbone coke, con ingresso dalla via Mazzini, ora parcheggio custodito. 24- piazza Malta, ora piazza Ciaccio Montalto, già sede del mercato ortofrutticolo cittadino. 25- magazzini del Sig. Castelli. 26- area di competenza della fabbrica del gas di città. 27- proprietà Occhipinti, vecchia sede della scuola media “Simone Catalano”. 28- scorcio dei giardini pubblici “villa  Regina Margherita”, via Osorio angolo via Palmerio Abate.

Schifazzo carico in vista dell'approdo a Trapani

La storia della città di Trapani si intreccia con quella della sua produzione artistica ed economica più prestigiosa



Questa sezione è dedicata ad uno dei maestri dell'arte orafa contemporanea Platimiro Fiorenza


In Italia i primi a dedicarsi alla lavorazione sistematica del corallo furono i trapanesi che ben presto divennero abilissimi “scultori”, specializzati nell’incastonatura di piccoli coralli su oggetti sacri e di uso domestico.

A Trapani esistono documenti scritti che testimoniano come già nel '400 si lavorasse il corallo e nel '700 la produzione raggiunse il massimo livello facendo primeggiare la città nel mondo con numerose botteghe artigiane in un'unica strada.” La Via Corallai”.
L’Orlandini riferisce per l’inizio del Seicento di 25 botteghe attive, ma il numero doveva essere superiore se i Capituli della maestranza delli corallari e delli scultori sono controfirmati da 36 mastri corallari e Vincenzo Nobile, nel 1698, ne cita più di 40.

su "l'Urtimu Mastru Curaddaru" e sulla storia del  corallo e della sua città


esposizione e degustazione prodotti tipici 





Un uncontro molto gradito

Questa mattina (8 novembre) ho incontrato un mio vecchio amico, il Sig. Damiano che, per tanti anni, è stato il gestore, assieme alla moglie, di un negozio di generi alimentari "a putia" situata in via Spalti, quasi ad angolo con la via Marinella, il locale adesso è occupato dalla pasticceria spalti.
"a putia" del Sig. Damiano, è stato il negozio in cui è iniziato il mio apprendistato di "spisaiolu" (addetto alla spesa) oltre sessanta anni or sono; frequentavo la scuola elementare e mia mamma, la sera, mi incaricava di comprare il companatico per la cena. All'inizio, quando ancora avevo sei o sette anni, mi dava la lista della spesa ma poi, con l'esperienza, ho avuto la libertà di decidere da solo. Per la verità, anche se per l'epoca il negozio era ben fornito, non c'era molta scelta, per la maggior parte erano prodotti locali, pesce azzurro e tonno sott'olio o sotto sale, diversi tipi di olive, formaggio pecorino, dal fresco la "Tumma" fino allo stravecchio "furmaggiu cu l'ogghiu" e poi la provola "Auricchio" in due varietà dolce e piccante, qualche insaccato come la classica "sosizza pasqualora" e due tipi di salame; a proposito di insaccati mi sono rimaste impressi i tre tipi di mortadella SE (suino equino), SB (suino bovino), SS (suino suino) la migliore. La cena era composta di due parti, un piatto caldo in inverno e freddo in estate a base vegetale, legumi o verdure o insalate e poi pane e companatico. Con il signor Damiano collaborava la moglie che badava alla sala e al fuori, settore frutta e verdura, mentre lui stava dietro il banco dei salumi. 
A cena eravamo in sette e bisognava accontentare tutti, le critiche non sono mai mancate, è stato un bell'apprendistato. Ogni sera, quindi, facevo una bella spesa attorno a mille lire che, all'epoca, era quasi la paga settimanale di un operaio; questo fatto mi dava una certa importanza tanto che, quando ero nei pressi della "putia" la signora Damiano, vedendomi arrivare, avvisava il marito con la frase - arriva il signor Stampa - e questa è stata la mia prima presa di coscienza del valore del denaro.
Oggi ci siamo fatti una chiacchierata in amicizia, è stato bello questo scambio di affettuosità, che il tempo non ha minimamente deteriorato, con un uomo che il giorno dodici di questo mese (novembre 2013) festeggerà il novantesimo compleanno.

Il Sig. Giuseppe Abate  ci fa un regalo  molto gradito  (09 aprile 2016)

E' stato pubblicato sul sito Trapani Nostra  il mio libro elettronico 
TRAPANI (Storia, luoghi, personaggi, curiosità , pettegolezzi, dalle origini ai primi del Novecento)corredato da oltre 600 immagini.
http://www.trapaninostra.it/libri/Giuseppe_Abate/Trapani/Trapani.htm




(Avviso : la pagina verrà aggiornata periodicamente)